Penso quindi gioco by Andrea Pirlo

Penso quindi gioco by Andrea Pirlo

autore:Andrea Pirlo [Pirlo, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: wwtechteam
pubblicato: 2013-05-18T04:00:00+00:00


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"Andrea, abbiamo preso questo Huntelaar, quindi devi rimanere."

Silvio Berlusconi sorrideva, mentre mi porgeva un foglio appena estratto dalla sua valigetta ventiquattr'ore. Pieno zeppo di numeri e con la fotografia di un ragazzo biondo. Erano le statistiche del nuovo attaccante che aveva appena comprato. Vicino a lui, l'Uomo delle Penne mi scrutava, alla ricerca di un'espressione positiva sul mio volto, tentava di studiarmi, di capire la reazione. C'eravamo noi tre soli nella sala del Camino a Milanello, anche se fuori tutti sapevano che fossimo lì. Ecco, Huntelaar è un ottimo giocatore, sa fare gol, tanti gol, in quel momento arrivava dal Reai Madrid, però non è uno di quelli che possono vincere il Pallone d'Oro.

"Allora, Andremo?"

Aveva un compito quel giorno il nostro presidente: convincermi a rimanere, riaprire una valigia già posata sul nastro del check-in, pronta per essere prima pesata e poi spedita. Era l'agosto del 2009, avevo trovato un accordo con il Chelsea che come allenatore si era regalato Ancelotti, cioè un papà, un maestro, divertente, simpatico, la persona con cui ho passato gli anni più belli della mia carriera, il massimo degli incontri per un giocatore che abbia voglia di stare bene e dare tutto ciò che ha (meglio anche di Mazzone ai tempi di Brescia, che fino al giovedì lasciava dirigere gli allenamenti al suo vice perché aveva freddo e voleva restare nello spogliatoio infagottato dentro a un cappotto pesantissimo). Lui era la mia motivazione per volare a Londra. Berlusconi, nel frattempo, stringeva nella mano un secondo foglio, una lista con tanti nomi spuntati e uno cerchiato.

"Resta, abbiamo preso Huntelaar."

Huntelaar...

"Potevamo acquistarne altri, c'era anche Claudio Pizarro, ma abbiamo scelto lui."

Huntelaar...

"Senti, Andrea, non si può fare, cribbio. Sei il simbolo del Milan, una bandiera di questa squadra e abbiamo già venduto Kakà. Non te ne puoi andare pure tu, sarebbe un brutto colpo, anche d'immagine. Non se ne possono andare tutti."

Durante la Confederations Cup che avevo appena finito di giocare con la Nazionale in Sudafrica, io e Ancelotti ci sentivamo spesso al telefono, anche perché il fuso orario da quelle parti del mondo era più o meno lo stesso dell'Inghilterra. Non c'era bisogno di alcuna levataccia per ascoltare una serenata. Voleva portarmi a Londra a tutti i costi, e proprio il costo è stato l'ultimo e unico ostacolo. Insormontabile. Il Milan chiedeva troppo, inoltre avrebbe voluto inserire nella trattativa contropartite tecniche come Ivanovič, un difensore di cui il Chelsea non aveva la minima intenzione di privarsi.

"Presidente, questo discorso della bandiera mi piace. Però qui il mio contratto sta per scadere e di là me ne offrono uno di quattro anni."

A cinque milioni di euro a stagione, ma non erano i soldi a fare la differenza. La durata sì, perché la durata ha sempre la sua importanza.

"Ma che problema c'è, Andrea? Di questo parlerai sicuramente con Galliani, ne sono certo. Dallo per scontato."

"Siamo sicuri?"

"Sicurissimi."

Sull'ultima "i" di sicurissimi, il presidente era schizzato fuori dalla stanza e stava dando l'annuncio alla stampa. Con queste parole: "Andrea Pirlo viene tolto dal mercato, resterà con noi e finirà la sua carriera nel Milan".



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